domenica, dicembre 13, 2015

Obbligazioni Subordinate queste sconosciute



Negli ultimi giorni si parla molto di obbligazioni in particolare di obbligazioni subordinate. Era da diverso tempo che circolavano informazioni circa i rischi che correvano i potenziali acquirenti di questi titoli. Naturalmente si deve verificare un caso come quello della Banca Etruria per risvegliare l'interesse degli italiani in un settore dove ormai con il Bail-in non si può dormire sogni tranquilli.
La quantità in circolazione di questa struttura è circa 60 Miliardi di euro, per un totale di circa 360 emissioni. Cerchiamo proprio per questo di comprendere cosa sono le obbligazioni subordinate e come funzionano:

Le obbligazioni subordinate:

Le obbligazioni subordinate sono una particolare categoria di bond.
Il rimborso di queste obbligazioni in caso di procedura fallimentare dell'istituto bancario è "subordinato" a quello dei creditori ordinari (privilegiati o chirografari). In pratica l'acquirente di questo particolare tipo di obbligazioni è un creditore di basso livello.
Tale investimento fa assumere all'investitore un livello di rischio simile a quello che avrebbe in caso di acquisto di Azioni. Il creditore essendo "subordinato", di fatto partecipa al rischio di impresa, e questo lo espone al rischio di poter perdere il 100% del capitale in caso di dissesto della azienda di credito che emette il titolo.
Ancora peggio, non tutti sanno che le perdite possono verificarsi anche nel caso in cui l'istituto di credito si trovi in difficoltà operative.
Dal punto di vista tecnico i titoli andrebbero considerati in base al "rischio" e non in base al "rendimento". Infatti spesso capita che molti risparmiatori facciano fatica a distinguere questa tipologia da altre obbligazioni, utilizzando come metro di misura solo il rendimento e analizzando il rischio solo attraverso: credenze, convinzioni o peggio per sentito dire (dissonanza cognitiva).

In questo contesto le obbligazioni "subordinate":
  1. Vengono acquistate dai risparmiatori perché offrono un rendimento più alto (difficilmente viene letto il prospetto informativo: lungo, noioso e pieno di termini incomprensibili per un comune risparmiatore).
  2. Vengono collocate dalle aziende di credito poiché sono più economiche delle azioni, eppoi hanno quel bel nome commerciale Obbligazione, che porta tutti a pensare ad una cosa sicura. Se fossero chiamate genericamente Capitale di Rischio, probabilmente avrebbero un minore appeal.
Le obbligazioni subordinate di dividono in:

Obbligazioni subordinate TIER I

Questa tipologia di obbligazioni ha le seguenti caratteristiche: Il loro rimborso è subordinato a quello di tutti gli altri creditori obbligazionari. La cedola può essere cancellata (quindi non viene più pagata) per sempre nel caso in cui l'azienda sia in condizione di non pagare il dividendo. In caso di insolvenza il rischio è pari al 100% del capitale.

Obbligazioni subordinate UPPER TIER II

Queste obbligazioni hanno un ordine di rimborso privilegiato rispetto alle TIER I ma il loro rischio rimane comunque alto perchè rimangono subordinate rispetto a tutti gli altri titoli obbligazionari. Rispetto alle TIER I non prevedono una cancellazione della cedola (in caso di perdite della azienda di credito), ma solo la sospensione fino al primo esercizio in utile.

Obbligazioni subordinate LOWER TIER II

Hanno scadenze abbastanza lunghe e sono quelle maggiormente emesse. In questo caso le cedole vengono bloccate solo in caso di grave insolvenza. Il rimborso anticipato è subordinato al benestare della Banca d'Italia. La durata è maggiore di 5 anni o indeterminata (in questo caso viene comunicato il rimborso con un preavviso di 5 anni).

Obbligazioni subordinate TIER III

Hanno scadenza molto breve 2/4 anni, sono i meno rischiosi dei subordinati, ma i più rischiosi delle emissioni tradizionali.



RIPORTIAMO DUE CASI REALI PER MEGLIO COMPRENDERE (liberamente tratto dal fatto quotidiano, a cura di Carlo Foggia):

Le obbligazioni subordinate – titoli a rendimento elevato e per questo ad alto rischio – sono state azzerate come previsto dal meccanismo di “risoluzione” delle crisi bancarie previsto dalle nuove norme Ue.
Questi strumenti vengono sottoscritti firmando contratti con questi titoli: “IT0004931405 BPEL 28/06/13-28/0618 2,5% SUB”.
Per le norme italiane, il risparmiatore sa che SUB sta per SUBORDINATE. Alla firma viene richiesto di confermare di essere a conoscenza che “copia del prospetto di base e relative condizioni definitive possono essere richieste presso la sede di Banca Etruria spa in Arezzo”, ma anche sul sito.
Il prospetto informativo è come il libretto dei medicinali che avvisa dei possibili effetti collaterali. Solo che alcuni vengono aggiunti dopo, per obbligo della Consob, l’autorità che vigila sulla Borsa: questo è successo diverse volte a PopEtruria nel 2013.
  • Un risparmiatore ha firmato l’ordine d’acquisto dell’obbligazione di cui sopra il 4 giugno 2013.
  • Dieci giorni dopo, Consob approva un “supplemento al prospetto”, che contiene notizie molto più allarmanti sullo stato della banca. A quel punto il risparmiatore aveva 6 giorni di tempo per revocare l’ordine con una richiesta “da consegnare in filiale”, ma nessuno lo avvisa e di certo non inciampa per caso nel sito della Consob: ha perso 20 mila euro.
Con un’altra subordinata la storia è anche peggiore.
  • La IT0004966856 viene collocata a ottobre 2013.
  • Due mesi dopo, Consob approva il solito “supplemento”. Cosa aggiunge? Questa frase, ripetuta 7 volte: La “risoluzione”, ove “ne ricorrano i presupposti, può essere condizionata a una previa condivisione degli oneri anche da parte di coloro che hanno sottoscritto titoli di debito subordinato”. Tradotto dal burocratese: in caso di salvataggio si perde tutto.
  • Lo scrive due mesi dopo, il 23 dicembre. Da quel giorno il risparmiatore ha “due giorni di tempo”per imbattersi sul sito della Consob e tornare indietro (e considerando la data il 23 dicembre mi domando se le persone siano cosi attente a questi fatti).
Quindi occorre analizzare bene le obbligazioni acquistate in modo da comprendere bene il rapporto rischio rendimento. E diversificare sempre in ogni modo. Per ogni altro tipo di informazione sono a disposizione.

martedì, novembre 03, 2015

Le Bolle Speculative

«Gli uomini, com’è stato ben detto, pensano in branco: si vedrà che impazziscono in branco e recuperano la ragione solo lentamente, e a uno ad uno».
(Charles Mackay)

Cosa è una Bolla speculativa? Una bolla speculativa potrebbe essere spiegata come una sistematica deviazione dei prezzi da un livello definito "normale" in un mercato efficiente. Il fenomeno è caratterizzato da tempi più o meno rapidi, dalla crescita continua dei prezzi di attività finanziarie (azioni) e non finanziarie (tulipani). La crescita è determinata da una continua pressione della domanda non giustificata da una tangibile ragione economica. In tutti i casi l'aspetto più importante è la componente irrazionale a prendere il sopravvento.

Sviluppo della Bolla Speculativa:

La bolla speculativa per formarsi ha bisogno di ingredienti, un pò come una buona torta, o dal puntio di visto meteorologico delle condizioni adeguate per il verificarsi di una tempesta.
Per lo sviluppo di una bolla speculativa vi devono essere (secondo l'economista C. Kindlerberg 1978) tre elementi:

1) L'interesse degli investitori su un oggetto di investimento (anche una innovazione);
2) La componente speculativa (palesata da continui guadagni nell'immediato);
3) Un effetto moltiplicativo generato dall'affacciarsi sul mercato di investitori inesperti (pieni di Bias);

Un bene in senso lato, che improvvisamente si apprezza, attira l'attenzione da parte degli investitori che vedono in esso la possibilità di guadagnare tanto in poco tempo. Ecco che la domanda comincia ad aumentare e tale spostamento della domanda, implica continui aumenti dei prezzi. A questo punto il meccanismo si può dire innescato. L'effetto psicologico e la paura di perdere un occasione di guadagno creano un costante afflusso di nuovi acquirenti o meccanismi di acquisto simili all'accaparramento. L'euforia attira gli investitori non-professionali. Questo tipo di investitori, sono solitamente restii ad investire (avversi al rischio), ma vengono in questa fase allettati dalla speranza di registrare cospicui guadagni rivendendo il nuovo prodotto a prezzi superiori (bias). L'euforia diventa contagiosa e si autoalimenta e si riverbera nuovamente sul sistema economico tramite il meccanismo delle aspettative. La bolla finanziaria non può essere spiegata solitamente da modelli: matematico-statistico, il fenomeno infatti è di fatto una anomalia di mercato, frutto di una vera e propria "febbre" collettiva. Un fenomeno irrazionale.

Il collasso della Bolla Speculativa:

Nella fase di crescita, l'eccesso di profitto che si genera sul mercato continua a richiamare nuovi entranti nel mercato. La nascita di nuove società creano ulteriori possibilità di guadagno. Si fa uso in modo eccessivo della leva finanziaria, gli investimenti tendono a superare il capitale a disposizione con possibilità di moltiplicare i guadagni ma anche le perdite. Piano piano, la liquidità del sistema comincia a diminuire, aumentano i tassi di interessi (che tendono a contrastare la crescita economico-finanziarie). L'aumento dei tassi di interesse, determina maggiore onerosità dei prestiti. Con il passare del tempo chi ha preso a prestito nell'intento di lucrare comincia a trovarsi in difficoltà e deve iniziare a vendere per ripagare i prestiti e successivamente per ridurre le perdite. La bomba Bolla è innescata. Le vendite sono inarrestabili e i prezzi cominciano a precipitare, il panico colpisce gli investitori non-professionali. E il meccanismo tende ad autoalimentarsi verso il basso. Con effetti catastrofici per gli investitori incauti.

Ma vi è anche dell'altro, altre componenti che possono emergere ripercorrendo brevemente le più importanti bolle speculative nella storia.

Le bolle speculative nella storia

La Tulipomania

Nel 1660 scoppia la prima bolla della storia. La "Tulipomania". I fattori principali della crescita e dello scoppio della prima grossa bolla speculativa furono due: 1) il popolo Olandese nutriva una forte passione per questo fiore; 2) Il fiore aveva colori indeterminati causa una malattia del bulbo. Questi due elementi furono la base del primo grosso fenomeno di "herd instinct" della storia. Si diffuse la convinzione che questo fiore fosse un investimento interessante al pari dei metalli preziosi. Il prezzo aumentò in modo esponenziale. All'epoca un salario medio annuale ammontava a 400 fiorini, un bulbo arrivava a costare 3000 fiorini l'equivalente di 40.000 euro attuali.
Dopo poco il prezzi crollarono, panico e sfiducia sgonfiarono un mercato fuori controllo, molti investitori specialmente gli ultimi arrivati furono ridotti in miseria.

La Bolla della compagnia dei Mari del Sud 1700

La compagnia dei Mari del Sud era una spa che commerciava con il Sud America nel diciottesimo secolo. La Compagnia fu fondata nel 1711 dal Ministro delle Finanze inglese Robert Harley, in quale conferì alla compagnia diritti esclusivi (monopolio) nel commercio con le colonie Spagnole in sud America.
Harley doveva inventarsi un modo per ripagare i debiti che l'Inghilterra si era accollata per le spese di guerra relative al conflitto di Successione Spagnola, che terminò nel 1713. Il Ministro non potendo fondare una Banca (l'unica Banca per legge poteva essere la Banca d'Inghilterra), fondò una società commerciale, il cui scopo finale era quello di ripagare i debiti della Corona.
Il fantastico Ministro Harley allora convinse i detentori di buona parte del debito pubblico Inglese di scambiarlo con azioni della nuova Compagnia. Il governo garantiva i finanziamenti e fondi alla compagna per un ammontare di dieci milioni di sterline e pagava agli azionisti un tasso del 6%.
Secondo lo schema Harley, i nuovi azionisti si garantivano una cedola annuale per il loro rischio. Il governo avrebbe pagato gli interessi attraverso le tariffe sui beni importati dal Sud America.
Il Trattato di Utrecht del 1713 garantì alla compagnia di inviare una nave merci all'anno e conferi alla stessa il diritto di fornire schiavi Africani alle colonie Spagnole.
La compagnia non fu operativa fino al 1717, fece quindi bassi profitti.
I rapporti fra Spagna e Gran Bretagna si deteriorarono, creando problemi ulteriori.
Nonostante questo i responsabili della compagnia rassicuravano gli investitori che avrebbero fatto enormi profitti.
Nel 1719 la Compagnia dei Mari del Sud propose un ulteriore schema di acquisto del debito pubblico inglese contro azioni con cedole del 5%. Anche la Banca d'Inghilterra e la Compagnia delle Indie cominciarono ad interessarsi al fenomeno. In poco tempo, dopo circa un anno la Compagnia dei Mari del Sud arrivò ad acquistare circa l'80% del debito Inglese.
Dopo di che i responsabili della Compagnia cominciarono a fare Aggiotaggio , mettendo in giro voci di ogni tipo per far aumentare il prezzo delle azioni. Nel gennaio del 1720 i prezzi della compagnia erano 125 Sterline, a maggio dello stesso anno erano 550 Sterline.
Le azioni venivano date anche ai politici al loro prezzo di mercato, tuttavia essi, anzi che pagarle in denaro, le tenevano su un conto e si riservavano il diritto di rivenderle ricevendone i profitti. I politici contribuivano a fare pubblicità alla Compagnia dei Mari del Sud, proprio perchè interessati nell'investimento.
La compagnia metteva in giro l'elenco degli Azionisti più potenti e continuava a far crescere l'aura di rispettabilità che attraeva nuovi acquirenti.
Il prezzo era decuplicato in meno di un anno ad Agosto del 1720 il prezzo della Compagnia sfondò barriera 1000 Sterline. A quel punto si innesco un processo inverso le vendite furono talmente massicce che spinsero il prezzo delle azioni entro la fine dell'anno al valore di 100 Sterline, causando la bancarotta di tutti coloro che avevano comprato le azioni a credito.
L'effetto domino non si fece attendere, facendo fallire i vari prestatori di soldi che non potevano riscuotere i loro crediti. Un inchiesta dimostrò varie frodi da parte degli esponenti della Compagnia e numerosi casi di corruzione nel Governo, ministri compresi.
Il successivo Ministro delle Finanze Robert Walpole, dovette introdurre nuove misure legislative per riconquistare la fiducia dei cittadini. Vennero confiscati i beni dei direttori della Compagnia dei Mari del Sud. Le azioni della Compagnia vennero ripartite tra Banca d'Inghilterra e Compagnia delle Indie.
La compagnia rimase così come una struttura finanziaria che gestiva il debito pubblico e venne abolita nel 1850.
Sempre nel 1700 si ricordano: il castello di carte creato dal finanziere Law con la sua Compagnia francese delle Indie occidentali - crollata nel 1720 -, le ondate di speculazione nell'Inghilterra del 1772 e 1793, o di William Duer e Alexander Macomb nei confronti dei titoli azionari detenuti dalla Bank of  New York (USA, 1792), il crollo degli assignats durante la rivoluzione francese (1797).

La Bolla delle ferrovie inglesi del 1800

Nel 1800 il motore trainante dell'economia europea fu la rivoluzione industriale. In questo contesto il commercio triplicò nel giro di pochi anni. L'invenzione, l'innovazione che entrò nell'occhio degli investitori fu il treno.
Nel 1802 fu brevettato il primo treno, che entrò in funzione nel 1804. Il 27 settembre del 1825 fu inaugurata la prima tratta ferroviaria tra Darlington e Stockton. Tra il 1850 e il 1870 la rete ferroviaria inglese triplico di dimensione ed il fenomeno si estese entro al fine del 1800 a tutta l'Europa.
In tutto questo si sviluppò una mania speculativa collettiva che come nel migliore schema ripetitivo portò alla rovina migliaia di persone. Anche in questo caso il nuovo mezzo portò all'idea di raggiungere guadagni abnormi. La ricetta prevede come in altri casi: irregolarità, informazione manipolata, ed un boss della situazione, in quel caso il suo nome era George Hudson detto anche "il re delle ferrovie". All'apice della carriera ricevette anche l'onore di avere una statua come nuovo ricco, passò dal parlamento ma a bolla scoppiata, fu scoperto che usava pagare i dividendi dal capitale. Morì povero e senza un soldo. Al suo apice nel 1846, 272 erano le società che operavano nel settore. Furono create per costruire il sistema ferroviario inglese ma molte fallirono, anche a causa della politica di governo. Il governo prima abbassò i tassi di interesse, prelevando denaro dalle azioni ferroviarie e non dai titoli di Stato. Successivamente la Banca d'Inghilterra alzò di nuovo i tassi, facendo uscire i soldi dalla vendita delle azioni ferroviarie. Il prezzo delle azioni scese rapidamente. Insomma tra il 1844 e il 1847, in Inghilterra accadde di tutto, quando arrivò il crollo, le azioni persero più dell'85% del valore, portando con se i risparmi delle famiglie e molte aziende.
Si pensi che, si contavano 18 giornali ferroviari tra cui il Railway Times, il Railway Telegraph, la Railway Review, la Railway Gazzette, il Railway Engine ecc., anche se poi solo tre sopravvissero alla bolla.
Il 1800 non vede solo la bolla delle ferrovie ma tante altre anche in altri paese basti ricordare: la bolla delle obbligazioni sud-americane (Inghilterra 1825), quella provocata dai canali francesi (1827), Fallimento della banca Overend e Gurney a Londra (1866), la bolla immobiliare australiana (1893), quella dell'oro e dell'argento (USA, 1893)

Le bolle nel 1900

A) Inizio secolo

Il 1900 iniziò con la bolla del caffè (USA 1907), ed il panico del 1907 con il calo di quasi il 50% dei valori del mercato. Analizzando quello che era capitato si individuarono alcuni fattori scatenanti questa crisi: credito facile, manipolazioni dell'alta finanza, ed eccessiva speculazione nel settore immobiliare. La crisi derivante dalla speculazione nel settore del Rame (che vide coinvolti Heinze con la United Cooper e Guggenheim) innesco il crollo.
C'è da dire che in quegli anni si vide all'opera un banchiere che effettuò quella che si potrebbe chiamare un quantitative easing "pre-Federal Reserve". Il banchiere JP Morgan mise in piedi parecchia liquidità anche grazie ad un prestito del governo. Il successivo acquisto di titoli riportò la calma sul mercato.
A seguito di questa crisi fu istituita un'indagine della National Monetary commission, e successivamente a seguito di questa analisi si venne ad istituire la Federal Reserve. La Fed  nasce di fatto con l'approvazione del Federal Reserve Act del 23 dicembre 1913.
La grande depressione però era solo rimandata.

B) La crisi del 1929

Dopo la prima guerra mondiale, l'economia americana viveva in un grande momento di crescita economica e benessere i consumi erano molto alti. Ancora una volta tutto ripartiva da una forte crescita immobiliare, inoltre in quegli anni si vedono numerose innovazioni tecnologiche. E tecnologie che prendevano il sopravvento dal punto di vista economico, primo fra tutte il telefono.
In borsa i corsi delle azioni crescevano, questo generava serenità e l'ottimismo era diffuso. In questa situazione niente faceva presagire la possibilità di crolli o crisi finanziarie.
Il 24 Ottobre inizia il crollo della Borsa valori di Wall Street, è il "giovedì nero" che rimarrà nella storia come l'inizio della grande crisi economica mondiale chiamata "Grande Depressione".
Soltanto negli Stati Uniti nel 1932, rispetto al 1929: la borsa aveva perso oltre l'86%, il Pil era diminuito del 55% (fame e disoccupazione imperversavano in tutto il paese e successivamente nel mondo).
L'economista americano J.K. Galbraith ha individuato diversi fattori scatenanti la crisi:
1) Cattiva distribuzione del reddito;
2) Cattiva gestione e struttura delle aziende finanziarie;
3) Cattiva struttura del sistema bancario;
4) Eccessivi prestiti a carattere speculativo;
5) Eccessivo perseguimento del pareggio di bilancio e quindi assenza di intervento statale deleterio in assenza della domanda.
6) Infine la stretta creditizia contribui ad accrescere la crisi.
Alla base della ripresa e dei risultati della politica del New Deal, varata in quegli anni dal presidente F.D. Roosevelt, c'è la Teoria Keynesiana: J.M.Keynes afferma che sono giustificabili le politiche destinate ad incentivare la domanda in periodi di disoccupazione, attraverso ad esempio lo stimolo della domanda pubblica con l'incremento della spesa pubblica. Infatti J.M.Keynes non ha fiducia della capacità del mercato lasciato a se stesso di esprimere una domanda di piena occupazione come ricordano le teorie liberiste. Lo stato in talune circostanze deve stimolare la domanda. E questo è stato uno degli elementi che hanno trainato l'economia Statunitense e Mondiale fuori dalla "Grande Depressione".

C) Le altre crisi del 900

Dopo il periodo di stabilità garantito dagli accordi di Bretton Woods, solo per citarle è utile ricordare: bolla immobiliare USA (1979), Messico (1982), Bancarotta banche locali USA (1985), Wall Street (1987), nuova bolla immobiliare negli Stati Uniti (1989), quella immobiliare giapponese (1989), di nuovo Messico (1994), Asia (1997), salvataggio del fondo Long Term Capital Management (1998).
E' interessante notare che, tra il 1975 e il 1998 il fondo monetario ha contato 212 crisi, con aumento delle frequenza negli ultimi anni a causa delle: liberalizzazioni, la velocità di contrattazione e accesso ai mercati ed infine la connessione tramite internet al mondo globale. Secondo il finanziare Soros, "Senza l'intervento delle autorità monetarie il sistema finanziario sarebbe crollato almeno 4 volte: nel 1982, nel 1987, nel 1994 e nel 1997", sempre tra i 75 e il 98. 

Le bolle nel 2000

A) La New Economy

La crisi della "New economy" è un caso di valutazione irrazionale dei prezzi delle azioni (irrational exuberance). Nel momento in cui arriva Internet nelle mani degli esperti commerciali delle aziende, si comincia a capire che c'è un grosso business possibile. Molti cominciano ad ipotizzare profitti altissimi in poco tempo.
Da quel momento l'indice Nasdaq, comincia a salire vertiginosamente in quel periodo Microsoft passa in pochi anni da un valore di 10 dollari ad azioni a 120 dollari. L'idea di realizzare grossi profitti con poco sforzo comincia a raggiungere tutti (come nella crisi dei Tulipani). In quei momenti si perse di vista tutti i segnali che il mercato lanciava, ma soprattutto le regole fondamentali della Economia (equilibri finanziari, patrimoniali e reddituali). Si ripresentavano anni dopo molti dei segni distintivi della crisi del '29, con l'aggravante della neo-globalizzazione grazie a Internet.
La bolla del World Wide Web ha infatti una particolarità rispetto a qualsiasi altra manifestazione precedente: si tratta di una self-feeding bubble, cioè di una bolla in cui l’oggetto e il mezzo della speculazione coincidono. Milioni di trader inesperti hanno investito sulle nuove tecnologie e tramite le nuove tecnologie (trading on-line) i propri capitali, generando volumi incomparabilmente superiori a quelli del passato e quindi, dopo il crack, effetti più diffusi e disastrosi.

B) Le altre crisi del 2000:

Argentina (2001): La crisi economica argentina è dovuta a tanti fattori: debito, deficit fiscale, parità con il dollaro e l'operato del FMI. Tuttavia le radici più profonde affondano nelle politiche economiche dei decenni precedenti e nei limiti strutturali che hanno caratterizzato quel paese nell'ulimo secolo. La crisi si è sviluppata su tre livelli: valutario, bancario e debitorio. Ed ha trascinato con se migliaia di risparmiatori che ci avevano visto forti possibilità di guadagno.
Fallimento Enron e Worldcom (2002): trucchi contabili, aiuti politici ed aiuti ai politici sono alla base della disastrosa gestione di Enron, Lo stesso si può dire per Worldcom, il colosso in questione truccava i bilanci, dicendo che guadagnava ma non era vero. In tutti e due casi l'esplosione dei valori contabili ed in fine il crollo sono stati causati da falso in bilancio, e dalla politica (a ricordo della Compagnia dei Mari del Sud).

C) I Mutui subprime (2008):

La crisi del 2008 parte da molto lontano. La prima grande causa è una forte deregolamentazione del sistema bancario mondiale, la deregolamentazione invece di aumentare l'efficienza ha cominciato a creare terreno fertile per questa grande crisi. Il secondo aspetto è l'eccesso di liquidità, al boom di borsa della fine degli anni 90 segue la crisi "internet", da lì la Federal Reserve interviene massicciamente sul mercato (come J.P Morgan all'inizio del secolo), riducendo i tassi dal 7% al 1% in soli 3 anni dal 2001 al 2004.
I tassi bassi consentono alle famiglie americane di indebitarsi oltre la capacità di rimborso (mutui oltre il 100%, mutui con strutture particolari, non utilizzo di parametri di riferimento nella concessione degli stessi). Nascono così i mutui subprime. Le banche si assumono progressivamente questo rischio applicando sempre più maggiori tassi. Le banche trovano il modo per nascondere i rischi e tutti ci guadagnano, in termini di rendimenti (banche), bonus (manager) e rendimenti (risparmiatori).
L'acquisto delle case incentiva il mercato immobiliare. 
Il sistema comincia a cercare nuova liquidità: Gli istituti di credito, utilizzano la tecnica della cartolarizzazione. Si emettono cioè dei titoli il cui rimborso è garantito dagli interessi dei mutui. Si offrono cosi sul mercato strumenti con rendimenti sempre più alti. Gli ABS (asset backed securities) per esempio, sono una tipologia di titoli garantiti da un bene in questo caso la casa: il rimborso è garantito dal pagamento delle rate del mutuo e dall'ipoteca sulla casa. Nel 2006 negli Usa si arriva a 2600 Mld di dollari di cartolarizzazioni.
Dal quel momento si comincia a vedere aumentare combinazione di strutture esotiche con dentro CDO e CDS.
Nascono le SIV (o SPV) società fuori bilancio che consentono di far sparire dai conti delle banche i rischi relativi alle operazioni di cartolarizzazione. Le SIV guadagnano sul differenziale dei rendimenti. Rendimenti e commissioni elevati fanno felici sia gli investitori che i collocatori.
Il tutto chiaramente sotto il "basso controllo" di autorità di vigilanza e di agenzie di rating (successivamente fortemente criticate).
Il sistema entra in crisi: tutto regge fino a che si pagano i mutui, i tassi alti e la crisi del sistema economico danno il via all'esplosione della bolla. Manca improvvisamente la liquidità, chi ha fatto il "passo più lungo della gamba" non riesce a pagare le rate del mutuo. Le case sono messe in vendita se non pignorate. Il mercato delle case a causa di un eccesso di offerta vede un tracollo dei prezzi, la bolla si sgonfia. I fondi immobiliari perdono valore.
La crisi si aggrava: le banche sono consapevoli che la situazione è sfuggita di mano, che molti titoli tossici non sono indicati nei bilanci ufficiali, questo unito alla scarsa trasparenza comincia a creare sfiducia. Nessuno può essere certo della solvibilità della controparte, cioè della banca a cui presta i capitali a breve termine. Il mercato interbancario si ingessa.
La mancanza di liquidità travolge tutto: le banche falliscono (Lehman) o vengono salvate (Morgan Stanley), le aziende non riescono ad ottenere fido o prestito e falliscono, aumenta la disoccupazione  ed il calo dei consumi successivo alimenta ancora di più la crisi.
Si corre ai ripari: I governi e le banche centrali intervengono in modo massiccio per superare la recessione e scongiurare una depressione. Nel 2009 gli Stati Uniti mettono sul piatto circa 12800 miliardi di dollari. Secondo stime del FMI la crisi del 2008 è costata in media 6,3% del Pil Mondiale nel 2008, con punte anche del 20%.
Avidità, bramosia, ingordigia:  sono i termini usati per spiegare le origini e lo svilupparsi della crisi finanziaria e le sue conseguenze sull’economia reale. 
Ritorni superiori al 20% sul capitale investito – si sente ripetere adesso - non possono essere realizzati in modo stabile senza togliere qualcosa agli stakeholder: i clienti, i dipendenti, i fornitori, il territorio... Quando l'interesse singolo prende il posto di quello della collettività, quando la "overconfidence" prende i sopravvento la crisi, la bolla speculativa è dietro l'angolo.

Conclusioni:

Di fronte alle crisi, la pretesa razionalità degli operatori economici vacilla. La teoria dei mercati efficienti non riesce a spiegare come questi subiscano l'influenza della componente irrazionale.
Già J.M Keynes aveva individuato questi comportamenti irrazionali come "Animal Spirits". Con questo termine l'economista provava a spiegare il comportamento che spinge l'individuo ad intraprendere una iniziativa imprenditoriale trovando come motivazione l'intuizione e convinzione di poter avere successo, senza necessariamente aver fatto tutte le analisi economiche e le indagini di mercato.
Qualche anno dopo questo settore è stato analizzato da diversi autori, tra cui il premio nobel Daniel Kahneman.
Come sottolinea Robert J. Shiller, “gli economisti hanno fatto sicuramente progressi nella comprensione dei mercati finanziari, ma continua a prevalere la complessità della vita reale.
Dopo aver visto che alla base c'è sempre: Speculazione, credito e manipolazione oltre che alla irrazionalità prevalente dell'investitore possiamo concludere con una domanda: Cosa ci ha insegnato tutto questo?
Potrei rispondere utilizzando il pensiero di Galbraith:"sono pochi i campi dell'attività umana in cui la storia conta così poco come nel mondo della finanza".
La Storia in pratica non dovrebbe più essere insegnata. Si insegna la Storia per evitare di commettere i soliti errori del passato, ma visto che continuiamo a ripetere gli stessi errori da secoli, vuol dire che o abbiamo poca memoria storica o Studiare storia non serve a niente e faremmo prima a dedicarci ad altro tipo di attività per esempio andare al mare. 

Internet e Bibliografia:

http://www.bancheitalia.it/economia-e-finanza/bolla-speculativa.htm
http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/bollaspeculativa.htm
Le crisi finanziare
http://www.collegiocavalieri.it/risorse/pg08_3/06poles2008_3.pdf
http://www.progetica.it/educationonline/InvestmentProfiler/Introduzione/lxa02/02lxa02.htm
Guerra di successione spagnola
http://www.simonemariotti.com/News-file-print-sid-248.html
J.K.Galbraith
Bretton woods
I10 tracolli finanziari peggiori
La FED (federal reserve)
Il sistema della federal reserve
La grande depressione
John Maynard Keynes
La crisi dei mutui subprime
Dalla crisi dei mutui subprime alla grande crisi finanziaria
La grande crisi dal 2008 in poi

Economie di carta. Il gioco d'azzardo dei mercati finanziati, a cura di Slavazza S. 2001 MONTI editore
Oltre il capitalismo. Proposte per uscire dalla crisi sociale, ambientale ed...di Roberto Bosio.
John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest and Money, Londra, Macmillan, 1936.

venerdì, ottobre 16, 2015

Misurare il rischio: Vincolo di Shortfall, Var e CVAR

Rischio:

Le misure di rischio sono dei metodi di stima che consentono di esprimere attraverso semplici numeri le possibili perdite finanziarie in un periodo futuro.

La nozione che viene utilizzata del rischio è quella che deriva dalla deviazione standard. La deviazione standard, interpreta il rischio in modo simmetrico vale a dire come semplice allontanamento dalla media sia in senso positivo che in senso negativo.

L'investitore tuttavia ha come obiettivo un rendimento, ma vede il rischio in modo diverso. Vorrà in generale evitare che il portafoglio generi soprattutto oscillazioni negative. Si parla in questo caso di Downside risk.

Il Vincolo di Shortfall:

Se nel modello mediavarianza si aggiunge un certo vincolo, comunemente chiamato "vincolo di shortfall", possiamo affinare la nostra analisi di rischio.
Con il vincolo in oggetto si riesce a verificare se una asset allocation permette con un certo grado di sicurezza, di rispettare il rendimento minimo voluto dall'investitore.

Si determina la probabilità massima di avere un risultato inferiore al rendimento minimo.

Al crescere dell' orizzonte temporale, è possibile accettare maggiori dosi di rischio. perchè si riduce la probabilità di subire rendimenti negativi e al tempo stesso, si conseguono maggiori extrarendimenti.

Per calcolare la probabilità di shortfall occorre:
1) Rendimento atteso del portafoglio
2) La deviazione standard del portafoglio
3) Orizzonte temporale di riferimento
4) Il "vincolo di shortfall" espresso come valore %, che rappresenta il limite oltre al quale non si desidera che il rendimento del portafoglio possa scendere nell'arco temporale di riferimento.

Il VAR 

Il Valure at risk rappresenta la possibile perdita finanziaria che posso subire in un periodo futuro dato un certo livello di attendibilità o confidenza.


Voglio acquistare un prodotto finanziario ed il Var a tre mesi è il 3% con un livello di confidenza del 95%. Ciò vuol dire che il valore massimo di perdita tra tre mesi 95 volte su 100 sarà al massimo del 3%. Ma questo significa anche che esiste il 5% di probabilità di avere una perdita superiore al 3%.

Occorre notare che tanto aumento la confidenza tanto aumento l'imprecisione della stima.
Il Var è molto utilizzato per la sua elevata "comprensione pratica". Entra (in modo errati) immediatamente nell'immaginario sia del consulente che del risparmiatore come la massima perdita attesa.

Se vogliamo andare a vedere bene nella realtà scopriamo che: si tratta di uno strumento instabile e difficile da usare numericamente quando le perdite non hanno una distribuzione gaussiana; non distingue tra perdite di poco superiori al limite e quelle fatali. Ha la tendenza ad essere troppo ottimista (ed è per questo forse che è assai apprezzato), se usato da solo, insieme al suo complementare Cvar, può essere maggiormente utile al fine di comprendere al meglio lo scenario totale.

Il CVAR  (conditional value at risk o ES-Espected Shortfall)


Il Cvar rappresenta una stima delle perdite che mi attendo, tenendo in considerazione tutte le perdite che superano la soglia del VAR. Risponde alla domanda: quanto ci si può aspettare di perdere se le cose vanno male? rappresenta la perdita attesa nei prossimi t giorni nello scenario peggiore.
Il CVAR è sempre maggiore del VAR.

Viene utilizzato per avere un margine di sicurezza maggiore.

Differenze tra VAR e CVAR: Il CVAR fornisce una rappresentazione del rischio migliore perchè è una media di tutte le perdite possibili superiori al VAR, mentre il VAR fornisce soltanto una soglia senza considerare le escursioni di prezzo più estreme anche se più rare.

sabato, ottobre 10, 2015

La Fiscalità degli strumenti finanziari



I proventi che derivano dai titoli e da altre forme di investimento del risparmio come: Interessi di obbligazioni detti anche "Cedole"; i proventi dei fondi comuni e le Plusvalenze derivanti dalla negoziazione degli strumenti finanziari detti anche "Capital Gains" sono sottoposti a tassazione.

Quindi i proventi di capitale si dividono in:

  • Redditi di capitale
  • Redditi diversi
Per i redditi di capitale: il prelievo viene effettuato direttamente dalla banca, o da un altro intermediari finanziario come una SGR, per conto dello stato attraverso una ritenuta (che può essere a titolo di acconto o a titolo di imposta).
Per i redditi diversi: di natura finanziaria, invece può avvenire anche in fase di presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del cliente.

QUALI SONO I REDDITI DI CAPITALE?


I "redditi di capitale" sono utili che derivano dall'investimento. Sono la remunerazione prodotta dall'attività finanziaria. Gli interessi, premi gli altri proventi derivanti da rapporti aventi per oggetto l’impiego di capitale finanziario. I redditi da capitale in generale hanno le seguenti caratteristiche:
  • Certi nel quando sono percepiti (scadenza cedola periodica)
  • volte certi (interessi) volte incerti (dividendi) nel loro ammontare
  • Collegati al passare del tempo.
Esempio di redditi da capitale:

- Interessi su conti correnti e depositi a risparmio;
- Interessi/cedole e scarti di emissione dei titoli a reddito fisso (come ad esempio i titoli di stato e le obbligazioni);
- Dividendi;

-Differenza positiva tra valore di cessione/rimborso e valore di acquisto/sottoscrizione degli OICR (compresi gli ETF);

- Distribuzione di proventi periodici da parte degli OICR (compresi gli ETF);

- Scarto prezzo dei "pronti contro termine" su titoli (differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita);

Caratteristica dei redditi da capitale è che possono essere solo positivi, su tali redditi l'intermediario opera come sostituto d'imposta, anche  per i clienti che operano in regime dichiarativo.

QUALI SONO I REDDITI DIVERSI?


Sono le plusvalenze o gli altri proventi Realizzati mediante la cessione a titolo Oneroso rimborso di strumenti finanziari. In generale sono Plusvalenze e minusvalenze, generalizzando i redditi diversi rispondono a queste tre caratteristiche:
  • Incerti nel quando sono percepiti (dipendono da acquisto/vendita)
  • Incerti nel loro ammontare
  • Non collegati al passare del tempo
Esempio di redditi diversi (plus e minus generate):

- Dalla negoziazione di strumenti finanziari (come ad esempio azioni e obbligazioni)
- Dal rimborso dei titoli a reddito fisso(come ad esempio i titoli di stato e le obbligazioni)
- Dalla cessione di partecipazioni in società o enti e diritti relativi
- Dalla cessione (vendita) di quote di OICR dove la differenza tra valore di cessione/rimborso e valore di carico risulti negativo



A differenza dei redditi da capitale, dove il prelievo viene effettuato sempre da parte della banca o intermediario. Nei redditi diversi la tassazione  può avvenire anche in capo al cliente in fase di presentazione dell dichiarazione annuale.

Che cos'è e come si realizza il guadagno in conto capitale?
Il Capital Gain, o guadagno in conto capitale, è il termine utilizzato per indicare la differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto di uno strumento finanziario. 
Esempio: Se si compra un'azione a 100 e la si rivende a 110, la differenza (110-100) costituisce una plusvalenza. Quando invece il prezzo di vendita è inferiore a quello di acquisto, si ha una perdita o minusvalenza.
La tassazione del Capital Gain varia da Stato a Stato e dal soggetto giuridico che effettua la dichiarazione: in Italia, privati ed aziende dovranno quindi trattare tali guadagni / perdite differentemente in base alla legislazione di riferimento.
Una tabella può aiutare a comprendere ancora meglio la differenza tra: Redditi di capitale e redditi diversi.
Gli strumenti finanziari e le tipologie di reddito:
Tabella riassuntiva guadagno capitale


Definito cosa sono i redditi di capitale e redditi diversi occorre immergerli in tre diversi regimi fiscali tra i quali l'investitore può scegliere (scelta soggettiva) di operare: dichiarativo, gestito e amministrato. La scelta può cadere su diversi regimi per diversi intermediari ma può anche servirsi di diversi regimi con il solito intermediario.

















NEL REGIME DICHIARATIVO:
Nel regime dichiarativo: spetta al cliente l'onere di svolgere gli adempimenti fiscali per quanto riguarda i redditi diversi. La tassazione relativa ai redditi da capitale, invece, continua ad essere operata da parte dell'intermediario.
Il calcolo ed il versamento dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze realizzate nel corso dell'anno solare, al netto delle minusvalenze, vanno effettuati quando viene redatta la dichiarazione dei redditi della persona fisica e comprendono plus, minus generate attraverso l'operatività in diversi istituti.

Le eccedenze delle minus vengono portate in deduzione dalle plusvalenze realizzate negli anni successivi, ma non oltre il quarto.
I redditi diversi cosi determinati sono comunque soggetti a tassazione separata (26%) e non si confondono con gli altri redditi.


NEL REGIME DEL RISPARMIO AMMINISTRATO:
Nel risparmio amministrato è l'intermediario finanziario che delegato da parte del cliente, determina, per ogni operazione, la plusvalenza imponibile e l'imposta che dovrà essere effettuata verso l'erario. 
Le minusvalenze possono essere portate in compensazione purché siano realizzate prima della plusvalenza e comunque per un periodo massimo di quattro anni.
In caso di revoca dell'opzione o chiusura dei rapporti, l'intermediario rilascia una certificazione delle minusvalenze residue, che possono essere usate (sempre per i quattro anni successivi) per compensare le plusvalenze realizzate
nell'ambito: di altri depositi soggetti a regimi di risparmio amministrato, nell'ambito del regime dichiarativo.

REGIME DEL RISPARMIO GESTITO:
Nel regime del risparmio gestito il cliente delega all'intermediario tutto: sia l'attività di gestione che quella fiscale. Il risultato è che su tutto quanto (redditi da capitale e redditi diversi) si applica una imposta sostitutiva del risultato di gestione maturato nell'anno solare, al netto di oneri, commissioni e bolli.
Anche in questo caso è possibile avere una certificazione in caso di chiusura del rapporto che può essere usata a compensazione:
- del risultato positivo di un'altra gestione patrimoniale in regime del risparmio gestito;
- oppure utilizzate per compensare plusvalenze realizzate nell'ambito del regime del risparmio amministrato o dichiarativo.

Pillole di fiscalità
Quando si sceglie un regime questo:
- ha effetto per tutto il periodo d'imposta (normalmente l'anno) e per i periodi di imposta successivi;
- può essere revocato entro la scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il periodo d'imposta successivo.

Qualsiasi sia il regime di tassazione prescelto,l'eventuale minusvalenza realizzata nel periodo di imposta è compensabile (con eventuali plusvalenze) solo entro il quarto periodo d'imposta successivo. Il residuo va perduto.


La compensazione di minusvalenze e plusvalenze in sede di dichiarazione dei redditi è possibile in relazione a tutte le posizioni in regime dichiarativo detenute dal medesimo soggetto, anche presso diversi intermediari.
Le posizioni in regime di risparmio amministrato riferibili allo stesso soggetto (codice fiscale) presso il medesimo intermediario, invece, sono tra di loro collegate, in questo modo la compensazione delle minusvalenze risulta "trasversale" ed il rilascio della certificazione di minusvalenza è subordinato alla chiusura di tutti i rapporti in regime del risparmio amministrato in essere presso l'intermediario.
Le posizioni in regime gestito hanno, invece, un trattamento fiscale autonomo, quindi alla chiusura della singola gestione patrimoniale verrà rilasciata l'eventuale certificazione dei risultati di gestione negativi residui.

lunedì, settembre 14, 2015

Analisi delle strategie di gestione di un portafoglio obbligazionario

Partiamo con analizzare le logiche di base:

Le strategie di gestione di un portafoglio obbligazionario possono essere suddivise in:

A) Strategie Passive: Tra queste la Bond benchmarking-based strategy, Pure index matching e Buy-and Hold
B) Liability funding approach: Strategie di immunizzazone
C) Strategie Attive: Market Timing,Yield curve trade, asset allocation trades, Bond selection, trading.

Nella Interest-rate expectations strategies: il gestore aumenta o diminuisce la duration di portafoglio. Aumenta la Duration quando i tassi attesi diminuiscono, riduce la duration, quando i tassi attesi aumentano.

Nella Yield curve strategy: il gestore cerca di implementare strategie che aiutano a guadagnare da aspettative basate sui movimenti a breve termine dei redimenti. Si cerca di sfruttare la forma della curva dei tassi nel breve termine. In particolare possiamo avere:

1) Bullet strategy le scadenze dei titoli sono concentrate su di un unico punto;

2) Barbell strategy le scadenze dei titoli sono concentrate sugli estremi della curva;
L'investimento di lungo termine assicurerà interessanti tassi di interesse, mentre quello di breve termine permette di disimpegnare il capitale qualora i mercati obbligazionari non andassero come previsto. Una strategia Barbell normalmente ha maggiore convexity delle altre due strategie, questo porta a sovraperformance in caso di tassi in crescita. Interessante da prendere in considerazione quando la curva dei tassi tenda ad appiattirsi. La parte bassa può essere di tipo Core e la parte alta di tipo Satellite;

3) Ladder strategy le scadenze sono equiripartite su tutti i tempi della curva.
Quando un investitore impiega una strategia di laddering non fa altro che suddividere il capitale in quote da destinale ad obbligazioni con scadenze diverse. Se per esempio il capitale è diviso in quattro parti, si potrà investire su ogni scadenza, uno, tre, cinque, e dieci anni. In questo modo si ha una diversificazione sulle scadenze, e l'investimento risulta meno sensibile alla variazione dei tassi di interesse.


Attenzione: quando si analizza una strategia di portafoglio bisogna considerare diversi aspetti, in particolare ci possono essere strutture con pari duration e differente convexity.

4) Ridding the yield se la curva dei rendimenti è inclinata positivamente e si ritiene che non vi siano a breve spostamenti significativi della curva stessa, allora si acquistano titoli a lunga scadenza e si lascia che tali titoli "scendano" lungo la curva, incassando il relativo rialzo dei prezzi.

Nella Yield spread strategies: Si posiziona il portafoglio in modo tale da approfittare di cambiamenti attesi negli spread dei rendimenti di diversi settori del bond market, operativamente si effettuano swap da un bond ad un altro, quando si ritiene che lo spread non sia in linea con lo spread storico.

Nella Individual security selection strategy: si cerca di identificare titoli mis-priced sul mercato e cioè titoli per il quali: il rendimento è maggiore di quello di titoli comparabili con stesso rating e ci si attende che il rendimento scenderà perchè la credit analysis indica che il rating migliorerà.
Per implementare tale strategia procediamo attraverso le operazioni di swap tra bonds.

Nella Core-plus bond portfolio management: L'idea è quella di investire la magior parte del portafoglio in titoli Core (ampiamente riconosciuto e sicuro). Il resto del portafoglio è gestito in maniera attiva in uno o più strategie o settori che si ritiene abbiano una buona probabilità di avere ritorni elevati a causa di inefficienze di mercato.

Nel Risk parity approach obbligazionario: abbiamo una composizione del portafoglio obbligazionario che tende a pesare in modo costante i rischi, piuttosto che le quantità.

Strategia Bottom Up o Top Down

La tua strategia finanziaria e di tipo Top down o bottom up?


Tutti gli investitori passano più o meno tempo ad analizzare le informazioni economiche, alla ricerca della ispirazione che dovrebbe condurli ad ottenere quegli extra-rendimenti che soddisfano il palato di chi cerca di far fruttare le proprie attività finanziarie.
Se ci poniamo questa domanda: Secondo noi è più importante l'influenza esercitata dall'economia globale sul buon andamento dei propri investimenti o la salute della singola azienda?
La risposta ci fa capire che tipo di approccio abbiamo, in particolare: Top down e Botto up, e quali strategie di riferimento è necessario prendere in considerazione.

Nello specifico ecco cosa significano i due termini:
Top down: indica un approccio a un problema dall’alto, è un metodo di analisi finanziaria in cui le migliori opportunità di investimento vengono individuate analizzando prima la situazione macroeconomica dei vari paesi, poi per esempio quella dei vari settori industriali e infine quella delle singole società, in un processo di selezione progressiva.
Bottom-up: Indica un approccio dal basso in alto, tecnica di selezione dei titoli azionari che predilige titoli che sono intrinsecamente buoni, senza riguardo alle condizioni generali dell’economia. In pratica si minimizza sull’importanza dei cicli economici e di mercato.
Questo tipo di approccio viene utilizzato per tutti gli strumenti finanziari che sono presenti sul mercato.