sabato, dicembre 28, 2013

Crisi MPS

Nel 2013 Mps tra Monti e Tremonti bond spenderà 330 milioni solo di interessi (30 legati a due mesi di Tremonti bond, 299,7 milioni relativi ai Monti bond attivi dal primo marzo). Nel 2014 potrebbe anche andare peggio, visto che il tasso di interesse salirà dal 9 al 9,5% e la massa di capitale sarà immutata a 4 miliardi per almeno 5 mesi, per un esborso di 161 milioni. Con l'aumento di capitale, per un importo di circa 3 miliardi di euro si sarebbero risparmiati circa 95 milioni di euro in 4 mesi, con un aggravio di circa 30 milioni di euro al mese. La mancanza di un aumento di capitale porterà come risultato uno slittamento della cedola sul "Upper Tire 2" utilizzato per finanziare Antonveneta. Se come possibile non riusciranno a trovare i soldi per una ricapitalizzazione, la banca verrà nazionalizzata e i 4 miliardi di euro prestati non verranno restituiti, con un danno secco per gli italiani (corrisponde a tutta l'imu pagata nel 2012 per dare una idea).  La data del 12 maggio 2014, incombe. Entro tale data infatti dovrebbe partire il processo di ricapitalizzazione... che in caso di crollo del mercato, rimarrebbe solo un bel progetto e niente più.  Profumo è categorico: "Da dove arrivavano i 3 miliardi non mi interessa, ma se la banca è ben gestita resta la banca e resta a Siena. Se non arrivano i 3 miliardi e la banca non è ben gestita la banca sparisce"
Attuale composizione del capitale del MPS:

Consistenza dei Monti e Tremonti Bond in mano a MPS:


Link Utili:

domenica, novembre 17, 2013

La crisi economica 2008-2013 (1 parte)

Le cause remote della crisi: La deregolamentazione 


La liberalizzazione dei movimenti di capitale seguita al crollo di Bretton Woods canalizza un ingente flusso di capitali esteri sul mercato finanziario statunitense, rendendo obsoleta la cornice bancaria eretta all’indomani della crisi del 1929. La creazione di nuovi strumenti finanziari, i progressi tecnologici, l'aumento della frequenza dei flussi finanziari, la terza rivoluzione industriare, l'aumento del costo del petrolio, l'avvento dei fondi sovrani e la liquidità, hanno nel tempo rafforzato la finanza sulla economia reale.
  1. Tra il 1971 e il 1973, sotto la presidenza di Richard Nixon, gli Stati Uniti abbandonarono il regime di convertibilità del dollaro in oro (Gold standard);
  2. Negli Stati Uniti il processo di deregolamentazione fu portato avanti dapprima sotto la presidenza Carter, influenzato da Kahn, e poi proseguito in maniera più estesa da Ronald Reagan a partire dal biennio 1980-1981, deregulation reganiana e "reaganomics";
  3. Durante la presidenza Clinton (abrogando il Glass-Steagall Act, attraverso il Gramm-Leach-Billey Act, La legge bancaria del 1933 era stata emanata per contenere il rischio di panico con il fondo di deposito, e la speculazione), viene interrotta nel 1999 la separazione del sistema bancario tra attività bancaria commerciale e d'investimento (investment banking), tale processo legittima i grandi conglomerati finanziari (Merrill LynchLehman BrothersGoldman Sachs e Morgan Stanley);
  4. Nel 2000 il Commodity Futures Modernization Act, sempre sotto Clinton, deregolamentò il mercato degli strumenti derivati over the counter, non facendoli più rientrare nella vigilanza della SEC (autorità di vigilanza USA), favorendo lo sviluppo dei CDO, CDS e cartolarizzazioni. 
  5. Anche in altri paesi specie in Europa il vento delle deregolamentazioni prosegue, progressivamente si assiste a: eliminazione dell'obbligo delle banche centrali di finanziare il debito pubblico, eliminazione della separazione tra istituti di crediti ordinario e speciali, privatizzazione del settore bancario, liberalizzazione della circolazione internazionale dei capitali, eliminazione di vincoli sulla concessione del credito;
  6. La globalizzazione e l'avvento di internet facilitarono poi gli scambi e le interconnessioni, ed hanno avuto effetti sia sul propagarsi della deregolamentazione in tutto il mondo sia sulla successiva propagazione degli effetti della crisi.



L'eccesso di liquidità negli Stati Uniti e l'iper-indebitamento


L’altro fattore all’origine della crisi finanziaria esplosa nell’estate del 2007 è  l’eccesso di liquidità che dal mercato statunitense si estende progressivamente sugli altri mercati finanziariamente evoluti. 
L’abbondanza di liquidità è sostenuta dalle politiche monetarie adottate dalla Federal Reserve all’indomani della crisi asiatica del 1997 – che hanno l’effetto d’inflazionare i titoli tecnologici – e del crollo del mercato azionario del 2000.
Per contrastare il pericolo di spirali deflazionistiche derivanti dallo scoppio della bolla tecnologica del 2000, Greenspan abbassa i tassi d’interesse dal 6.5 all’1 percento in poco più di un biennio (anche in seguito agli effetti degli attacchi del 11 settembre 2001).
Con i tassi così bassi le famiglie americane si indebitano oltre le proprie capacità di rimborso, nell’illusione che comunque riusciranno a restituire i debiti perché l’economia continua a crescere e le prospettive sono comunque positive. Cresce in modo incontrollato il credito al consumo. Nascono i mutui sub-prime, prestiti per l’acquisto della casa a persone che offrono scarse garanzie di rimborso. In molti casi il rischio che il mutuo non sia rimborsato è molto elevato. Le banche cominciano ad assumere posizioni di rischio sui mutui confidando negli alti utili che si generano anche dalle cartolarizzazioni. Non si temono i rischi anche perché la finanza creativa s’inventa il modo per nasconderli. Il meccanismo si autoalimenta grazie all’avidità di tutti: banchieri, bancari e risparmiatori: tutti hanno qualcosa da guadagnare: bonus, commissioni e rendimenti. La massiccia profusione di credito introduce numerosi squilibri nel sistema poiché l’aumento del credito concesso non è accompagnato dalla crescita dei depositi liquidi atti a fronteggiare eventuali fallimenti dei debitori.
Il problema è che il nuovo modello di banking poggia su un pilastro fondamentale, ossia la continua rivalutazione delle attività finanziarie – cui a monte sta il rientro dei debiti contratti e a valle la fluidità dei prestiti fiduciari tra le istituzioni di credito. Poiché le passività tendono a essere molto più liquide delle attività (è più facile pagare un debito che riscuoterlo), l’assottigliamento dei depositi significa che in corrispondenza di una pesante svalutazione degli assets che intacchi la fiducia, le banche diventano particolarmente esposte al rischio d’insolvenza.

Il processo di Cartolarizzazione inizia a produrre nuova liquidità

Il rischio insito al nuovo modello di banking è riflesso nell’opacità degli strumenti finanziari attraverso cui il sistema si riproduce. Il sistema ha interesse a trovare nuova liquidità per offrire mutui rischiosi ma anche molto redditizi per le banche. La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria che utilizza i flussi di cassa generati da un portafoglio di attività finanziarie per pagare le cedole e rimborsare il capitale di titoli di debito, come obbligazioni a medio-lungo termine oppure carta commerciale a breve termine. Questa operazione consente di spostare il rischio dalle banche ai risparmiatori con il miraggio di alti rendimenti. Si comincia con gli ABS, asset backed securities, titoli garantiti da un bene: il loro rimborso è garantito dal pagamento delle rate del mutuo e, in ultima istanza, dall’immobile su cui grava l’ipoteca.Nel 2006 l'ammontare di cartolarizzazioni ammonta a 2.700 miliardi di cartolarizzazioni. 

Sul mercato proliferano gli ABS ed i derivati CDO e CDS

Il prodotto cartolarizzato divenuto popolare con lo scoppio della crisi è il collateralized debt obligation, ossia un titolo contenente diversi assets garanti dal debito sottostante.
Si procede con i CDO: per “combinare” rischi e rendimenti di grado diverso gli ABS vengono “spacchettati” e ricomposti in titoli “sintetici” deonominati CDO, collateralized debt obligation. Le combinazioni sono infinite. 
I CDO vengono emessi non direttamente dalle banche ma da società veicolo, le SIV (structured investment vehicle). 
Il mercato dei Cdo, che ha raggiunto un valore pari a 10 mila miliardi di dollari poco prima del crollo del 2007, ha iniettato un’immensa dose di liquidità nel sistema che non ha trovato corrispondenza negli indicatori degli aggregati monetari delle banche centrali, minandone così la capacità di intervento e facendo sì che la bolla immobiliare statunitense divenisse una questione globale.
Infine intervengono le compagnie di assicurazione che con i CDS (credit default swap), polizze su un baratto: l’acquirente dell’obbligazione che si copre con il CDS vuole coprirsi dal rischio che la controparte non rimborsi il capitale. I CDS sono quotati su mercati non regolamentati (over the counter). Il prezzo è direttamente proporzionale al rischio che si deve coprire. Accanto ai CDS, il cui valore raggiunse la cifra dei 60.000 miliardi di dollari nel 2008, cresce nello stesso periodo l'esposizione al credito delle banche, delle imprese, e delle stesse famiglie (ai fini del consumo), favorita dai tassi d'interesse ridotti e dalla facilità nella concessione dei prestiti. 

Le SIV o SPV come centro di importanti affari

Le SIV sono in sostanza dei fondi.  Si indebitano a breve sul mercato offrendo prodotti di investimento, e realizzano l’utile grazie al differenziale tra i rendimenti offerti e quelli, più alti, dei titoli “innovativi” a lungo termine (mutui ad elevato rischio di insolvenza, Abs, Cdo) in portafoglio.  
I rischi impliciti sono nascosti e dimenticati. Tutti, risparmiatori e operatori di mercato, sono sedotti da rendimenti molto generorosi e dalle commissioni conseguenti.
Grazie alle SIV nei bilanci delle banche non sono evidenti i rischi connessi alle attività finanziarie generate con subprime, Abs, Cdo. In sostanza non sono trasparenti nei confronti del mercato, degli investitori e delle autorità di controllo e degli stessi azionisti. Ma tutti hanno un tornaconto immediato. Quando, nell’estate 2007, la curva dei rendimenti – ossia la relazione che lega i rendimenti dei titoli con maturità diverse alle rispettive maturità – s’invertì e i tassi d’interesse a lungo termine divennero più bassi di quelli interbancari a breve termine (LIBOR-rate), la strategia di contrarre prestiti a breve termine (pagando bassi tassi d’interesse) per finanziari assets illiquidi a lungo termine (ricevendo interessi molto più elevati) si rivelerà un boomerang per le banche madri, costrette ad accollarsi le perdite delle operazioni.


I titoli a rischio elevato vengono offerti sul mercato accompagnati da valutazione delle agenzie di rating, in sostanza un “voto” sulla solidità dello strumento finanziario. Al di sotto di un certo rating (BB) il titolo non è considerato adatto per i risparmiatori che desiderano fare una semplice operazione di investimento.
I conflitti tra emittenti e agenzie e l'andamento della crisi ha posto l'attenzione sulla affidabilità di tali giudizi. I titoli emessi da Lehman Brothers hanno goduto della  “tripla A” (il massimo voto) fino a pochi giorni prima del fallimento della banca, prima di essere precipitosamente declassati, quando però ormai era troppo tardi.
Estate 2007 l'inizio della crisi


Dal 2005 al 2007 i tassi sul mercato furono portati dall'1,5% al 5,25%. Il rialzo voluto della FED era dovuto al tentativo ridurre la speculazione e drenare liquidità. I possessori di mutuo marginali per rischio cominciano a non riuscire a restituire le rate e nel 2006 il numero di pignoramenti ed insolvenze si moltiplica. La bolla immobiliare comincia a sgonfiarsi, aumentano le vendite e molti possessori di mutui sub-prime divengono insolventi proprio a causa dei rialzi dei tassi.  Questa crisi è compatibile con le teorie del "credit boom and busts" e delle asimmetrie informative.
Tutto si regge fino a quando i titolari dei mutui pagano le rate. L’aumento dei tassi di interesse e l’applicazione di clausole contrattuali differite rendono però sempre più difficile per le famiglie americane il pagamento delle rate.L’offerta crescente di case sul mercato determina il crollo dei prezzi (-15% solo nel 2008) e la bolla si sgonfia. Chi vuole vendere per disfarsi del mutuo non riesce a recuperare quanto ha speso e soprattutto i fondi di investimento immobiliari, che le banche hanno in portafoglio e che hanno distribuito ai clienti, perdono rapidamente valore. Quando cominciano le insolvenze delle rate dei mutui, la crisi esplode sgretolando il castello di carta che era stato costruito accumulando rischi su rischi. A  luglio 2007  la banca d’affari americana Bear Stearns ammette che il valore di due fondi legati ai mutui sub-prime si è dissolto; il 9 agosto Bnp per la stessa ragione congela tre fondi di investimento legati al mercato immobiliare Usa. 



La crisi di fiducia delle banche

Le banche sono consapevoli del fatto che le posizioni assunte da ciascun istituto (Abs, Cdo, Cds che verranno bollati come “titoli tossici” per il loro potere venefico sulla salute finanziaria di chi li ha in portafoglio) e poi scambiate tra gli istituti stessi, non sono evidenti nei bilanci ufficiali. Ciò, aggiunto alla complessità del meccanismo che è stato via via messo in piedi, rende del tutto opachi al mercato, agli investitori, alle autorità di controllo e alle stesse banche i rischi.Oltre a questo la percentuale di famiglie in ritardo di sessanta o più giorni sui pagamenti delle rate del mutuo, attestatasi tra l’8 e l’11 perento tra il 1999 e l’inizio del 2006, dalla metà di quest’ultimo anno comincia ad aumentare, fino a superare la soglia del 40 percento nel gennaio 2009. In alcuni stati come la California, i pignoramenti aumentano del 725 percento su base annua. Gli investitori si allontanano da tali strumenti ed il mercato delle cartolarizzazioni diventa improvvisamente illiquido. Le banche americane cominciano a ridurre l'emissione di mutui ma è troppo tardi, l'effetto domino inizia alla fine di febbraio del 2007 con il fallimento della 15 banca "mutui" degli Stati Uniti (Mortgage Lenders Network USA Inc). Ma il vero problema risiede nel fatto che l’80 percento dei mutui subprime emessi tra il 2004 ed il 2008 – dopo essere stato cartolarizzato in abs prima e varie tipologie di Cdo poi, ed infine assicurato con Cds – ha contagiato i mercati finanziari di tutto il mondo. Nel 2008 solo Citigroup si trova esposta per una somma di circa 5000 Miliardi di dollari e questo rende bene l'idea del fenomeno. Cosi tra il 2007 ed il 2008 la paura di default tra le parti si materializza nell'aumento dei tassi a breve ed il prestito interbancario si congela. Le banche non si prestano più i soldi a breve tra di loro perché temono che da un giorno all’altro la controparte possa fallire. (rischio di controparte). 

  • A luglio 2007 due hedge funds appartenenti a Bear Stearns che detengono 10 miliardi di dollari in mortgage-backed securities falliscono.
  • Il 30 settembre la banca virtuale NetBank dischiara bancarotta.
  • UBS, è costretta a chiudere un suo hedge fund per eccessive perdite.
  • Il 30 luglio la banca tedesca IKB rivela di essere esposta per 17.5 miliardi
  • Il 9 agosto BNP Paribas deve sospendere tre fondi.
  • Landesbanken comunica la sua esposizione riguardo i MBS (Abs sui mutui).
  • Sempre nel 2007 si assiste al fallimento della banca inglese Nothern Rock e successivamente nazionalizzata nel 2008.
  • Marzo del 2008 è la volta di Bear Stearns. Il fallimento della quinta banca americana potrebbe produrre effetti catastrofici. Infatti Bear Stearns deteneva 12.1 trilioni di dollari in strumenti derivati (poco meno dell’intero GDP statunitense) nell’agosto 2007. Viene cosi salvata con una operazione di acquisizione da parte di J.P Morgan.
  • A luglio è la volta di Fannie Mae e Freddie Mac. In quel momento le due società garantiscono operazioni in mutui per 5200 miliardi di dollari.
  • Da Goldman Sachs a Merrill Lynch annunciano tutte le banche cominciano ad annunciare gravi perdite.


Il tracollo, Dannati e salvati (la fine di Lehman)

La tensione sale al massimo nel week end del 13 e 14 settembre 2008, in cui viene sancito il fallimento di Lehamn Brothers che le autorità americane non hanno salvato, a differenza di quanto faranno due giorni dopo con la più grande compagnia di assicurazioni, AIG. Lehman Brothers fallisce a metà settembre del 2008, travolta da 613 miliardi di debiti ( non è più in grado di sostenere il suo fabbisogno di rifinanziamento, che ammontava a circa 100 miliardi di dollari mensili) e dalla perdita di valore dei titoli immobiliari in portafoglio che dovrebbero garantire l’equilibrio patrimoniale. Sarebbe stato necessario un aumento di capitale, ma senza le garanzie del Tesoro Usa nessuno vuole rischiare cosi tutti si tirano indietro in particolare Korea Development Bank, Barclays e Bank of America . Nello stesso week end Bank of America salva la banca Merrill Lynch pagandola 50 miliardi di dollari (valeva 100 un anno prima). Il 7 settembre sono nazionalizzate Fannie Mae e Freddie Mac, le due finanziarie che garantiscono più di 5000 miliardi di mutui Usa, la metà del mercato. 
La decisione di non salvare Lehman viene addebitata come un errore alle autorità americane e determina un’escalation della crisi. 
AIG viene salvata perché le sue azioni sono molto presenti nelle pensioni integrative degli americani e perché ha consistenti attività all’estero. 
Dal settembre è un effetto domino che colpisce tutto e tutti arrivando ad estendersi in tutto il mondo. Da questo periodo ad ottobre, il mercato azionario precipita del 28 percento, mentre il sistema finanziario viene paralizzato.

La crisi si trasferisce sul mercato dei Beni e Servizi

La crisi di liquidità si trasferisce su famiglie e imprese. I settori dell’economia reale più sostenuti dal credito al consumo ne pagano le conseguenze: l’industria dell’automobile affronta una profonda ristrutturazione globale fatta di fallimenti di marchi storici (GM), fusioni (Fiat-Chrysler), riduzione di capacità produttiva, cassa integrazione o licenziamenti, ma anche innovazione (piano americano di riduzione delle emissioni di CO2). La crisi finanziaria si trasferisce  sull’economia reale. A generare panico anche i crolli dei prezzi di Borsa (nel 2008 i listini hanno perso in media il 50% del loro valore). I dati sull’occupazione diventano un segno tangibile di come la crisi si stia propagando all’economia reale. Le autorità monetarie negli Stati Uniti e nel resto del mondo si prodigano in iniezioni di liquidità per compensarne la distruzione precedente. Quindi i Governi e le banche centrali intervengono in modo massiccio per arginare la recessione. A fine marzo 2009, secondo i calcoli dell’agenzia Bloomberg, negli Stati Uniti il governo e la banca centrale mettono sul piatto 12 mila e 800 miliardi di dollari tra spese, prestiti e impegni di copertura. Secondo uno studio pubblicato a maggio 2009 dal Fondo monetario internazionale, i costi fiscali della crisi ammontano in media al 6,3% del Pil globale del 2008, con punte superiori al 20% del Pil come nel caso del Regno Unito. La conseguenza è una crescita del debito pubblico: secondo l’FMI, nei 20 paesi più avanzati nel 2009 le necessità di finanziamento sono pari a 10mila miliardi di dollari, il 23% del pil aggregato e il 50% rispetto al 2008. Si teme il rischio di rollover, cioè, che gli Stati non riescano a collocare tutte le nuove emissioni per mancanza di domanda da parte del mercato. 
Il cosiddetto Tarp (Troubled asset relief program) prevedeva un programma di interventi statali in più fasi nel cuore dell'economia Usa, ponendo fine al modello economico della deregulation reganiana impiegato negli Stati Uniti durante gli anni seguiti alla caduta del muro di Berlino e alla fine della Guerra Freddal piano di intervento, prevedeva una soglia nominale massima pari a 700 miliardi di dollari, alla fine arrivava a 7.700 miliardi di dollari. Tale quantitativo di liquidità venne immesso dalla Federal Reserve, a sostegno delle banche non solo americane, ma anche europee (come Royal Bank of Scotland e UBS). 

Deflazione, iperinflazione e rinegoziazione dei Mutui

 Dal lato della economia reale si assiste ad una moderata ripresa della attività produttiva, conseguente la crisi dei consumi con un effetto di deflazioni sopratutto nell'area euro, tutto questo è il riflesso di una economia bloccata. In un periodo di deflazione i consumi sono ulteriormente rallentati dalle attese a ribasso dei prezzi . La politica monetaria espansiva  ha inondato di liquidità il sistema si pensi alle facilitazioni quantitative della FED.  Questo da un lato ha aiutato la rinegoziazione di mutui specie ALT-A e Option ARM che sono meno rischiosi dei Sub Prime, ma senza l'aiuto dei tassi bassi avrebbero avuto percentuali di insolvenza pari al 50% . Dall'altro lato tutta questa massa monetaria si trasformerà prima o poi in inflazione o iper inflazione. La domanda che ci facciamo è quando? In effetti alcuni segnali ci sono già. Il ritorno della speculazione sulle materie prime e sui mercati azionari grazie proprio alla liquidità in eccesso.

Bibliografia

domenica, novembre 10, 2013

TIPOLOGIA DI OBBLIGAZIONI, RISCHIO E RENDIMENTO.

Warren Buffet: "Non compro mai un titolo che non sono sicuro di capire".


Una obbligazione, viene considerata dall'investitore come uno strumento facile da capire e soprattutto un sicuro veicolo per spostare nel tempo il proprio denaro. I rendimenti dei titoli obbligazionari sono visti come sicuri e certi. Delle obbligazioni vengono spesso presi in considerazione gli aspetti positivi, e si tralasciano gli aspetti più scomodi... andiamo ad analizzare il settore obbligazionario.


TIPO DI OBBLIGAZIONI:

A) Obbligazioni di stato: I titoli di stato sono obbligazioni che vengono emesse dai governi centrali. I governi emettono obbligazioni per prendere in prestito denaro al fine di colmare il divario tra quanto ricevuto sotto forma di tasse e ciò che viene speso, per rimborsare il debito esistente e/o per accrescere il capitale. In Europa, i titoli di stato vengono anche definiti obbligazioni sovrane. Nel Regno Unito, i titoli di stato sono anche detti "gilts"; in Francia "OAT", in Germania "Bunds", in Italia, tra gli altri termini, "BTP". Negli USA, i titoli di stato vengono anche chiamati "US Treasuries" o "T-Bills".

Principali tipi titoli di stato di Investing in Bonds Europe

ValutaPaeseTipo di obbligazioneSito web dell'emittente
Sterlina ingleseRegno UnitoGiltUK Debt Management Office
EuroFranciaOATObligation Assimilable du Trésor Agence France Tresor
EuroGermaniaBundBundesanleihe Finanzagentur GmbH
EuroItaliaBTPBuoni del Tesoro Poliennali Dipartimento del Tesoro
EuroSpagnaLetras del TesoroBonos/Obligaciones del Estado Tesoro Publico
Dollaro USAUSAUS TreasuriesIssuer Bureau of Public Debt
B) Obbligazioni di enti sub-sovrani: Il mercato delle obbligazioni sub governative comprende le regioni, le province, i comuni etcc...; In Europa, il mercato sub-governativo è dominato prevalentemente dalla agenzie e dalle istituzioni soprannazionali come la Banca Mondiale, la KfW e la Banca Europea degli investimenti (BEI). La crescita di tale mercato è stata significativa.
C) Obbligazioni societarie: Il settore delle obbligazioni societarie è il secondo in ordine di grandezza dopo quello dei titoli di stato. Secondo Merrill Lynch, quasi il 30% delle principali obbligazioni nel mercato globale sono obbligazioni societarie. In Europa, i mercati delle obbligazioni societarie continuano a crescere e svilupparsi, benché la recente volatilità del mercato ne abbia rallentato l'espansione.
I singoli investitori sono meno interessati direttamente nel mercato delle obbligazioni societarie in Europa rispetto agli USA. Attualmente, è maggiore il numero di singoli investitori che investono in fondi obbligazionari societari ed altri veicoli di investimento collettivo piuttosto che in singole obbligazioni societarie. 
D) Obbligazioni ad elevato rendimento: Esistono due categorie di obbligazioni societarie per gli investitori: i bond societari a qualità di investimento e quelli a carattere speculativo (anche noti come "ad alto rendimento" o altresì indicati con il termine "junk").Le obbligazioni a carattere speculativo sono emesse da società caratterizzate da un minor livello percepito di qualità creditizia, se confrontate con altre emissioni societarie di prim'ordine, con maggiore investment-grade. Il carattere speculativo fa riferimento al fatto che, in origine, alle banche non era concesso investire in obbligazioni oltre i quattro grade rating di investimento, poiché le obbligazioni erano troppo speculative, troppo rischiose. La categoria a carattere speculativo ha sei livelli di rating. Le obbligazioni ad alto rendimento sono emesse da organizzazioni che non sono qualificate secondo rating "investment-grade" da una delle principali agenzie di rating creditizio: Moody’s Investors Service, Standard & Poor’s Ratings Services e Fitch Ratings Le agenzie di rating creditizio valutano gli emittenti e assegnano un rating in base alla capacità dell'emittente di pagare gli interessi e il capitale come programmato. Gli emittenti con un rischio di inadempimento più elevato, che non pagano gli interessi o il capitale in modo puntuale, hanno rating al di sotto della qualità d'investimento. Questi emittenti devono pagare un tasso d'interesse superiore per attirare gli investitori ad acquistare le loro obbligazioni e per risarcirli per i rischi associati a un investimento in organizzazioni la cui qualità del credito è inferiore.


CARATTERISTICHE DELLE OBBLIGAZIONI:

Obbligazioni a tasso fisso : A volte note come obbligazioni convenzionali o "plain vanilla", queste obbligazioni pagano un tasso di interesse fisso nel corso di un periodo di tempo invariato fino alla scadenza, con la restituzione del capitale alla data di scadenza.
Obbligazioni a tasso variabile  : Obbligazioni il cui tasso di interesse è legato ad un tasso di riferimento come il LIBOR o l'EURIBOR. A volte vengono chiamate obbligazioni a tasso fluttuante o "floater".

Obbligazioni zero coupon (o “a capitalizzazione integrale”) : I titoli zero coupon, o privi di cedola, sono emessi sotto la pari: il rendimento è quindi dato dal differenziale fra il prezzo di sottoscrizione ed il prezzo di rimborso al valore nominale. La determinazione del prezzo di collocamento viene effettuata attualizzando il flusso di interessi figurativi da assegnare ai portatori in base ad un tasso fisso definito. 

Obbligazioni step up e step down : Entrambe le tipologie di titoli assegnano ai portatori una cedola (x%) che rimane costante per un certo numero di anni, decorsi i quali le step up corrispondono una cedola  data da x% + z%, mentre le step down attribuiscono una cedola pari a x% -z%.
Obbligazioni drop lock  Si tratta di titoli a tasso variabile che presentano una clausola in forza della quale qualora il rendimento da esse prodotto scenda al di sotto di una soglia prestabilita (trigger rate) si trasformano automaticamente in obbligazioni a tasso fisso.
Obbligazioni indicizzate : Si tratta di obbligazioni societarie che hanno un interesse (cedole) e/o un valore di rimborso variabile in funzione di un parametro (indicatore) prescelto all’atto dell’emissione.
Alcuni degli indicatori finanziari ai quali i rendimenti possono essere agganciati sono:
Ø tasso dei BOT,
Ø Prime Rate Abi (tasso di interesse minimo applicato alla clientela migliore)
Ø Euribor (European Interbank offer rate)
Ø indici azionari di borsa o panieri di titoli

Obbligazioni a premio : Le obbligazioni a premio presentano una cedola fissa per tutta la durata del prestito. In aggiunta al tasso nominale, esse offrono agli obbligazionisti il diritto all’assegnazione di premi (somme in denaro o erogazioni in natura) da estrarre a sorte durante la vita del prestito.

Obbligazioni di partecipazione : Forniscono ai portatori una remunerazione mista costituita per una parte dall’interesse fisso corrisposto per tutta la durata del prestito e, per l’altra, da un compenso integrativo commisurato, di norma, ai risultati di bilancio conseguiti dalla società emittente, ovvero ai risultati di gestioni separate costituite in seno all’azienda debitrice.

Obbligazioni a remunerazione condizionata : La remunerazione (fissa o variabile) è subordinata al conseguimento, da parte del debitore, di risultati positivi di bilancio o di importo non inferiore ad una data somma prefissata.

Obbligazioni bull and bear : Sono obbligazioni che, per quanto riguarda la quota interesse, assicurano un rendimento fisso in base ad un tasso stabilito dall'emittente, mentre il valore di rimborso della quota capitale viene collegato all'andamento di un indice del mercato borsistico. L'emittente scinde infatti l'ammontare del prestito obbligazionario in due tranches perfettamente uguali:
Ø la prima (obbligazioni di tipo bull) rimborserà il capitale investito sopra la pari in ipotesi di rialzo dell’indice.
Ø la seconda (obbligazioni di tipo bear) rimborserà il capitale sopra la pari solo in caso di diminuzione dell’indice di borsa. 

Obbligazioni reverse floaters : Si tratta di titoli obbligazionari che corrispondono una cedola interessi inversamente collegata ad un indice di riferimento: solitamente il Libor o l’Euribor. In pratica tali titoli offrono una cedola variabile calcolata, ad esempio, a partire dalla seguente formula: cedola = 15% - 2Libor. Da ciò è facile dedurre che se il Libor sale la cedola diminuisce, mentre se il Libor scende la cedola aumenta (naturalmente la cedola non può comunque essere negativa).
Strettamente collegate a tale forma di titoli strutturati sono le obbligazioni fixed reverse floaters, ovvero titoli che offrono per i primi anni di vita delle cedole a tasso fisso molto alte, ma a partire dagli anni successivi, il valore della cedola diventa variabile, e viene calcolato come differenza tra un tasso fisso prefissato e un parametro (diventano cioè reverse).

Obbligazioni index ed equity linked : Esse rappresentato obbligazioni strutturate legate ad indici azionari e panieri di indici (index linked) o legate a singole azioni (equity linked). Al pari delle reverse convertible, anche questa tipologia di titoli consente al sottoscrittore di investire sul mercato azionario senza doverne sopportare tutti i rischi connessi, ma in più consentono di beneficiare di un rendimento minimo garantito e della restituzione del capitale a scadenza.

Obbligazioni convertibili :  Un'obbligazione che dà all'investitore la possibilità di scambiare il bond con un numero predefinito di azioni dell'emittente, ad un prezzo e con una scadenza prestabiliti. Secondo quanto previsto dall'art. 2420-bis del cod. civ.:"(…) L'assemblea straordinaria può deliberare l'emissione di obbligazioni convertibili in azioni, determinando il rapporto di cambio e il periodo e le modalità della conversione. (…)"Contestualmente all’emissione di obbligazioni convertibili la società deve deliberare l'aumento del capitale sociale per un ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione; si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di emissione delle azioni (vedi art. 2346 cod. civ.). Chi può emettere obbligazioni convertibili?
Ø Società private che svolgono attività industriale, commerciale e di servizio
Ø Imprese bancarie (art. 12 del D.lgs. 1° settembre 1993 n. 385)
Ø Enti pubblici economici e territoriali.
Questi ultimi, non possedendo la forma di SpA possono unicamente procedere all’emissione di obbligazioni convertibili con il procedimento indiretto che prevede la possibilità di convertire le obbligazioni in azioni di altre società nelle quali l'emittente detiene partecipazioni.

Le obbligazioni reverse convertible :  Il funzionamento è simile rispetto a quello delle obbligazioni convertibili. In un obbligazione convertibile l’investitore, a fronte di un tasso di rendimento generalmente più basso, ha infatti l’opportunità di chiedere la consegna di un numero prefissato di azioni invece del rimborso in linea con un obbligazione. Nella Reverse convertible, l’investitore, a fronte di un tasso di rendimento più alto, assume invece il rischio di vedersi consegnare alla scadenza un numero prefissato di azioni al posto del rimborso in linea capitale (ovviamente, l’emittente opterà per la consegna delle azioni solo se il prezzo di mercato sarà inferiore al prezzo prefissato).Sono obbligazioni a breve termine (solitamente 6 mesi o un anno, più raramente sono di 2 anni);offrono un rendimento sensibilmente più elevato (a fronte però di un rischio maggiore). Spesso è presente la clausola di knock – in: con essa se, in qualunque giorno compreso tra l’emissione e la scadenza, l’azione tocca il prezzo prefissato, l’obbligazione diventa un’obbligazione Reverse convertible. Viceversa, l’obbligazione si comporterà come una normale obbligazione, indipendentemente dal livello del prezzo delle azioni a scadenza.

Obbligazioni "cum warrant" : Sono titoli di credito che incorporano un buono (o warrant) che attribuisce al loro possessore la facoltà di acquistare, vendere o sottoscrivere, entro un determinato periodo, una o più azioni (o altri valori mobiliari) ad un prezzo, di norma, stabilito o determinabile in base alle modalità di calcolo indicate dall’emittente. Il warrant è generalmente separabile dall’obbligazione e negoziabile autonomamente, pertanto il warrant è un titolo accessorio rispetto al titolo principale (obbligazione).

I Minibond : Il decreto legge 83/2012 convertito nella legge 134/2012, elaborato dal Governo Monti ha introdotto i cosiddetti Minibond, ovvero delle obbligazioni quotate emesse dalle piccole medie imprese italiane anche non presenti sui listini di Borsa. L'esigenza di introdurre questo strumento è quella di introdurre liquidità nelle aziende italiane disintermediando i canali bancari. Discutibile il prefisso Mini poiché anche se queste emissioni possono essere di piccola entità possono essere semplicemente classificati come Corporate Bond o Obbligazioni. L’intento dichiarato dal Legislatore,consapevole delle difficoltà di accesso al credito delle imprese, è quello di ridurre sensibilmente la disparità di trattamento esistente nella previgente disciplina civilistica e fiscale tra società italiane per azioni quotate e società italiane non quotate, consentendo anche a queste ultime l’emissione di strumenti di debito da destinarsi ai mercati domestici ed internazionali.

RISCHIO COLLEGATO AL TITOLO OBBLIGAZIONARIO:

Un investimento obbligazionario ha una serie di variabili che possano influenzare l'andamento del prezzo ed il rimborso dello stesso, queste variabili possono essere chiamate anche rischi:

Rischio di cambio: è il rischio di vedersi ridurre il valore d'investimento per il deprezzamento della moneta in cui è stato emesso il titolo;

Rischio di inflazione: in caso di elevata inflazione e/o basso rendimento dei titoli, il rendimento degli stessi al netto della rivalutazione del costo del denaro può risultare negativo;

Rischio di insolvenza (Rischio default): è il rischio che la società emittente il titolo obbligazionario non abbia in seguito la capacità di pagare gli interessi. Esiste un sistema di  classificazione che affida ad ogni società emittente un grado di rischio, meglio come conosciuto come rating. Una Società con un rating basso emetteranno titoli obbligazionari con un livello di rischio maggiore  rispetto alle società con rating più alto, che possiedono una maggior fiducia. Il rating impatta sulla obbligazione influenzando il tasso di interesse di emissione è il rendimento della obbligazione stessa.

Rischio di Tasso d'Interesse: ovvero il rischio che ci possa essere una variazione dei tassi d'interesse. Come sappiamo, il suo effetto sara' maggiore o minore a seconda della volatilita' del titolo. Inoltre, e' bene considerare che raramente esiste un unico tasso per tutta la durata del contratto obbligazionario. Solitamente esistono diversi tassi d'interesse che variano nel tempo;

Rischio d'Inflazione: ovvero il rischio che, l'aumento nel livello generale dei prezzi, che comporta ad un aumento del livello d'inflazione nel paese, possa portare ad una perdita di valore del nostro investimento. In quest'ottica sarebbe meglio investire in obbligazioni indicizzate, come BTP€i (buono del tesoro poliennale indicizzato all'inflazione nella zona euro), che consente una copertura dal medesimo rischio;

Rischio di Liquidità: ovvero il rischio che l'investimento non possa essere convertito in moneta nel momento desiderato. La liquidita' di un qualsiasi titolo dipende fortemente dalle caratteristiche del mercato nel quale esso e' scambiato. Se questo mercato e' liquido, ovvero vi sono un gran numero di investitori pronti a comprare/vendere i titoli, tale rischio si riduce. Viceversa nel caso in cui il numero delle persone che operano al suo interno non e' cosi' elevato da garantire liquidita' all'investimento;

Rischio di Reinvestimento: esso e' presente solo nei titoli che prevedono il pagamento di cedole e riguarda la possibilita' che il reinvestimento delle stesse non avvenga allo stesso tasso ma a tassi che, per esempio, tendono a ridursi nel corso del tempo.


RENDIMENTO OBBLIGAZIONARIO:


Ogni qualvolta si affronta un problema di scelta tra diverse tipologie d’investimento è necessario avere a disposizione strumenti che consentano di effettuare valutazioni il più possibile precise e oggettive. L’obiettivo che ci si propone è infatti quello di creare un ordine di priorità da seguire nell’impiego dei capitali disponibili; in altre parole è necessario individuare gli investimenti a più alta redditività. Gli indicatori che si hanno a disposizione per effettuare una scelta tra titoli obbligazionari sono molteplici:


  • Rendimento cedolare; il rendimento cedolare rappresenta un indicatore molto grezzo in quanto trascura completamente il valore attuale del titolo, ovvero la sua quotazione reale. In pratica il rendimento non viene parametrato all’investimento finanziario richiesto. L’utilizzo di questo strumento può quindi risultare estremamente fuorviante. Il rendimento cedolare è uguale a (V cedola/V Nominale).
  • Rendimento immediato; L’indicatore appena presentato corregge, almeno in parte, l’errore di non considerare l’investimento iniziale richiesto ma il suo utilizzo porta comunque a trascurare alcune caratteristiche del titolo oggetto di valutazione, come, ad esempio, l’andamento complessivo dei flussi cedolari del titolo medesimo.

  • Rendimento effettivo (Tasso di rendimento interno e tasso rendimento effettivo a scadenza T.I.R. e T.R.E.S); Il prezzo di una obbligazione è uguale al valore attuale delle cedole C, sommato al valore ad oggi del valore facciale F, il tutto attualizzato al tasso r, per t periodi.

formula a
Il tasso di rendimento interno, è proprio quel tasso (unico) "r" che eguaglia il valore attuale dei flussi al prezzo effettivamente pagato. Tale equazione indica che, a parità di livello di rischiosità, il prezzo di un'obbligazione dipende da tre variabili: il rendimento della cedola, il tasso d'interesse di mercato, e la durata residua del titolo. Dato che il prezzo è il valore attuale di un flusso di pagamenti, c'è una relazione inversa fra il prezzo e il tasso di sconto: quanto più alto è il tasso di sconto, quanto più basso è il prezzo (e viceversa). Se un'obbligazione è scambiata a un prezzo inferiore al suo valore nominale, si dice che è a sconto; se è scambiata a un prezzo superiore al suo valore nominale si dice che è a premio.
il rendimento a scadenza (YTM o yield to maturity) è il tasso di rendimento medio di un'obbligazione acquistata oggi e detenuta fino a scadenza. Il valore del rendimento a scadenza deve essere almeno uguale al tasso d'interesse di mercato per titoli di pari caratteristiche per indurre l'investitore ad acquistarlo. In conseguenza, lo YTM corrisponde al tasso implicito di rendimento (IRR) dell'investimento e si trova risolvendo la seguente Formula.




BIBLIOGRAFIA